AUTOVELOX ILLEGITTMO SUL SENSO OPPOSTO DI MARCIA. CASSAZIONE 2019

AUTOVELOX ILLEGITTMO SUL SENSO OPPOSTO DI MARCIA. CASSAZIONE 2019

La Cassazione, con una recentissima pronuncia, ha affermato che l’accertamento effettuato tramite autovelox posizionato sull’opposto senso di marcia, ove il decreto prefettizio di autorizzazione preveda un solo senso di marcia, è illegittimo e, di conseguenza, il verbale è annullabile.

Il principio summenzionato conferma l’orientamento già espresso dalla Cassazione che in precedenza si era già espressa sul punto.

A parere di chi scrive, la pronuncia, al di là del caso specifico, conferisce indirettamente ancor più valenza al principio secondo cui gli accertamenti effettuati senza la contestazione immediata dell’infrazione, devono soggiacere a regole rigorose. Infatti, nel caso de quo, il dispositivo era autorizzato per la rilevazione delle infrazioni sulla corsia sulla quale era collocato, ma non per l’opposto senza di marcia.

Di seguito appare utile riportare la massima estratta dall’ordinanza in commento:

Come di recente evidenziato da questa Corte (si veda in termini Cass. n. 23726/2018), qualora — come verificatosi nella fattispecie — il decreto prefettizio abbia previsto la legittima installazione dell’autovelox lungo un solo senso di marcia (che nel caso in esame avrebbe dovuto essere posizionato nella direzione Venafro-Isernia) ed, invece, l’accertamento sia stato effettuato mediante la rilevazione di un autovelox posizionato sul contrapposto senso di marcia, ne consegue che, difettando a monte l’adozione di uno specifico provvedimento autorizzativo, il relativo verbale di contestazione differita della violazione di cui all’art. 142 c.d.s. debba ritenersi affetto da “illegittimità derivata”, come statuito dal Tribunale di Isernia con la sentenza qui impugnata, senza che possano assumere rilevanza, al riguardo, eventuali note chiarificatrici successivamente approntate dalla competente P.A., a fronte di una precisa indicazione sulle modalità e sul punto di installazione dell’autovelox rinvenibile direttamente nel decreto autorizzativo.

Del resto questo principio si ricava da quanto affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 10206/2013), in base al quale, in tema di violazioni del codice della strada, se è pur vero che il più volte richiamato art. 4 del d.l. 20 giugno 2002, n. 121 (convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2002, n. 168) conferisce al prefetto la competenza ad individuare le strade o i tratti di strada in cui possono essere installati dispositivi di controllo della velocità, precisandosi che detta norma non richiede che il provvedimento prefettizio specifichi necessariamente il senso di marcia interessato dalla rilevazione, argomentando a contrario si desume che se nel decreto prefettizio è contenuto specificamente il riferimento ad un determinato senso di marcia (come accaduto nel caso sottoposto all’esame del giudice di appello), il rilevamento elettronico della velocità e la correlata attività di accertamento (con contestazione differita) degli agenti stradali intanto potranno ritenersi legittimi se riferiti all’autovelox come posizionato in conformità al decreto autorizzativo e non, invece, con riguardo ad altro autovelox posizionato sulla stessa strada e in prossimità dello stesso punto chilometrico ma sulla carreggiata o corsia opposta, che non abbiano costituito oggetto di previsione da parte dello stesso o di altro provvedimento autorizzativo” (così, Cassazione, ORDINANZA N. 12309 DEL 09.05.2019).

RICORSO FACILE

TRANSITARE IN UNA ZTL CON PASS INVALIDI SI PUO’?

TRANSITARE IN UNA ZTL CON PASS INVALIDI SI PUO’?

TRANSITARE IN UNA ZTL CON PASS INVALIDI SI PUO’?

Sempre più spesso, specie nei centri abitati, ravvisiamo dei divieti di transito con  scritto Z.T.L., ovvero zone a traffico limitato, che consentono solo ad alcune categoria di veicoli di il passaggio.

La norma in questione è l’art. 7, comma 1, lett. B), del Codice della Strada, a rigor del quale:

Nei centri abitati i comuni possono, con ordinanza del sindaco:[…]  limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale, conformemente alle direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti, per le rispettive competenze, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed il Ministro per i beni culturali e ambientali”.

Una delle domande posto più frequentemente dagli automobilisti è se un veicolo con a bordo un invalido possa o meno transitare all’interno delle ZTL.

La domanda non è stata sempre di facile soluzione, come conferma la giurisprudenza alquanto oscillante in materie.

Di recente, però, si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, affermando che:

Il D.P.R. n. 503 del 1996, art. 11 è stato correttamente interpretato ed applicato dal Tribunale di Busto Arsizio. La norma in questione prescrive, in maniera chiara ed incontrovertibile, che ai possessori del contrassegno speciale per disabili è permessa la circolazione e la sosta nelle zone a traffico limitato e nelle aree pedonali urbane qualora è autorizzato l’accesso anche ad una sola categoria di veicoli per l’espletamento di servizi di trasporto di pubblica utilità. Nel caso di specie, il fatto che l’autorizzazione ad accedere fosse stata concessa a tali veicoli ai soli fini di prelievo ed accompagnamento e non in maniera incondizionata, non può avere rilevanza per far venir meno il diritto di transito ai possessori del contrassegno speciale. L’accesso concesso ai veicoli adibiti al trasporto pubblico, per qualsiasi motivo questo avvenga, è sufficiente per ritenere legittimo, ai sensi del D.P.R. n. 503 del 1996, art. 11 l’accesso al possessore del contrassegno di cui all’art. 12 stesso decreto. […] Anche qualora l’autorizzazione ad accedere nella zona a traffico limitato sia stata concessa dal comune ai veicoli adibiti a pubblico servizio non in maniera incondizionata, ma ai soli fini di prelievo ed accompagnamento delle persone, deve ritenersi consentito l’accesso in tale area del possessore del contrassegno speciale per disabili” (così, Cass. civ. Sez. II, Sent. 14-09-2017, n. 21320).

Per cui, d’ora in poi, non vi saranno più dubbi circa il fatto che gli invalidi, muniti di apposito permesso rilasciato dal Comune di residenza, potranno tranquillamente transitare per le cd. Z.T.L. senza alcun problema.

In merito, molti utenti pongono, altresì, il seguente quesito:

Ma il Comune può obbligare l’avente diritto a comunicare prima o dopo il proprio transito?

La risposta è NO! Vi sarebbe altrimenti una grave compressione dei diritti dell’invalido.

A dirlo è sempre la Cassazione nella sentenza appena riportata:

Ove sia posto a carico del possessore del contrassegno speciale per disabili l’obbligo di comunicare il transito nella zona a traffico limitato entro le quarantotto ore successive, come indicato nel pannello integrativo del segnale di divieto di transito posto all’ingresso della zona medesima, la sua violazione non rende illegittimo l’accesso in tale area del disabile che ne aveva diritto”.

Sul punto occorre, però, fare una piccola precisazione. In ipotesi di mancata comunicazione del transito in Z.T.L. se l’invalido riceve la multa elevata a mezzo rilevatore automatico e la oppone direttamente al Giudice di Pace, non potrà avere il rimborso alle spese di giudizio, in quanto l’Ente non poteva essere a conoscenza del diritto.

Giova in ogni caso ricordare che tanti altri vizi possono inficiare di nullità la multa per Z.T.L., ad esempio:

La mancanza dell’ordinanza sindacale prevista dall’art. 7;

L’indicazione generica del luogo della violazione;

Omessa o inidonea segnalazione del divieto e/o del sistema di rilevazione;

Mancata taratura o omologazione dello strumento impiegato, ecc.

In caso di multa, quindi, non esitate a contattarci.

L’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI: CASSAZIONE OTTOBRE 2018

L’ OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI: CASSAZIONE OTTOBRE 2018

L’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI: CASSAZIONE OTTOBRE 2018

La Cassazione con una recentissima sentenza ha specificato che la cartella esattoriale, nel caso in cui sia il primo atto portato a conoscenza del contribuente rispetto ad una pretesa tributaria, deve essere motivato allo stesso modo di un atto impositivo;

“In tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo. Tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicchè, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973,art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni. Ciò perché,  essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa; d’altro va rilevata la mancanza di specificità dei mezzi di impugnazione laddove gli stessi non riproducono, se non per una generica sintesi insufficiente allo scopo, il contenuto della cartella della cui omessa motivazione ci si duole” (così, Cass. civ. Sez. V, Ord.,12-10-2018, n. 25527).

RICORSO FACILE

LA RACCOMANDATA L’ACCETTO O NON L’ACCETTO? LA RITIRO O NON LA RITIRO? ECCO LA RISPOSTA.

LA RACCOMANDATA L’ACCETTO O NON L’ACCETTO? LA RITIRO O NON LA RITIRO? ECCO LA RISPOSTA.

Quando il postino citofona non sono quasi mai buone notizie, perché nella maggior parte dei casi o è una multa o una cartella esattoriale.

Alcune persone credono che rifiutare la notifica o evitare di andare a ritirare la raccomandata giacente alla posta, in qualche modo, compromette la notifica, per cui, il mittente dovrà ripetere l’operazione, oppure maturano i tempi della prescrizione, ecc.

Nulla di più sbagliato.

Quello che interessa all’ordinamento giudico non è la reale ed effettiva notifica, bensì, la PRESUNZIONE DI CONOSCENZA.

Ma che vuol dire?

Vuol dire che il sistema prevede in meccanismo, detto sistema notificatorio, che una volta attuato porta al risultato del perfezionamento della notifica. 

Detto sistema prevede tutti i tipi di ipotesi, o quasi:

  • Notifica al destinatario;
  • Notifica a famigliare convivente;
  • Notifica al portiere;
  • Notifica all’addetto alla casa;
  • Rifiuto della notifica;
  • Assenza del destinatario temporanea;
  • Assenza assoluta, ecc.

Addirittura è possibile avere una notifica “perfetta” senza che la notifica sia stata eseguita compiutamente.

È il caso di persona con residenza sconosciuta. In questa ipotesa, la notifica viene effettuata presso la Casa Comunale del luogo di ultima residenza del destinatario (v. Art. 143 c.p.c.).

Quindi, in caso di ricezione di una raccomandata, una raccomandata giudiziaria, una cartella, ecc. ecc., accettatela subito, oppure recatevi quanto prima alla posta o presso il Comune per il ritiro.

L’unica conseguenza che comporta il mancato ritiro di corrispondenza raccomandata è che non sarete a conoscenza del suo contenuto, limitando, in tal modo, il vostro di diritto di difesa.

Per cui, ritirate e accettate tutta la posta e contattateci al più presto.

Il servizio è gratuito.

AUTOVELOX NULLO SENZA TARATURA CASSAZIONE 5227/2018

AUTOVELOX NULLO SENZA TARATURA CASSAZIONE 5227/2018

La Cassazione in una recentissima sentenza (Cass. civ. Sez. VI, ordinanza del 06/03/2018, n. 5227), il cui testo integrale è di seguito riportato, ripercorre l’orientamento tracciato dalla Corte Costituzionale del 2015 e dallo stesso Giudice di legittimità, facendolo proprio ed aggiungendo che “Ne deriva che, nel caso di specie, la taratura dell’apparecchiatura risultava necessaria e che solo a condizione che vi sia espressa indicazione nel verbale dell’avvenuto adempimento il rilevamento può presumenrsi affidabile, con conseguente onere dell’opponente di contestare la cattiva fabricazione, installazione e/o funzionamento del dispositivo”.

La specificazione che opera la Cassazione (ovvero “se non vi sia espressa indicazione nel verbale”), non è di poco conto, in quanto lascia intendere che l’omessa indicazione nell’atto sanzionatorio del certificato di taratura dà luogo ad una presunzione circa la sua inaffidabilità.

Ecco il testo integrale della citata sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2098-2015 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ESCHILO 37, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI ANCONA, in persona del Prefetto pro tempore, MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1745/2013 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 25/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

 Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza n. 1745/2013, emessa e pubblicata il 25.11.2013, il Tribunale di Ancona accoglieva l’appello proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura Ufficio Territoriale di Governo di Ancona avverso la sentenza n. 257/2007 del Giudice di Pace di Fabriano. Rigettava l’opposizione proposta dall’avv. B. ai sensi del D.P.R. n. 285 del 1992, art. 205 avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 114860/2006.

Con tale ordinanza era stata comminata al ricorrente la sanzione amministrativa di Euro 307,50, relativa al verbale di accertamento n. (OMISSIS) della Polizia Stradale di Ancona con cui veniva contestata la violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, rilevata mediante apparecchiatura autovelox.

2) Il Tribunale riteneva che le apparecchiature elettroniche di rilevazione dei limiti di velocità non dovessero essere sottoposte alle procedure di taratura previste dalla L. 11 agosto 1991, n. 273.

3) Per la cassazione della sentenza, l’avv. B. ha proposto ricorso articolato su tre motivi.

La Prefettura si è difesa con controricorso notificato a mezzo pec il 24.02.2015.

La causa è stata avviata a trattazione con rito camerale davanti alla Sesta sezione civile, con proposta di accoglimento dei primi due motivi di ricorso.

4) Con il primo motivo, parte ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della L. 11 agosto 1991, n. 273, del D.M. 15 maggio 2005, n. 1123, art. 4, delle norme internazioni UNI 30012, UNI 10012 e delle raccomandazioni OIML D19 e D20, ove prevedono la taratura periodica per le apparecchiature di rilevazione della velocità.

Il ricorrente afferma che dalla cornice normativa nazionale e comunitaria richiamata si desume l’obbligo, posto a carico della P.A., di effettuare la taratura periodica di tutti gli strumenti di misurazione; nozione, questa, da ritenersi comprensiva delle apparecchiature autovelox, cui la normativa in esame sarebbe senz’altro applicabile.

Secondo il ricorrente al fine di garantire l’affidabilità dei risultati di rilevazione dell’apparecchio – e la fondatezza dell’accertamento amministrativo con tali modalità non sarebbe sufficiente la mera omologazione del mezzo; sarebbe necessaria la taratura periodica del dispositivo con specifica segnalazione dell’avvenuto adempimento nel verbale di contestazione.

A sostegno della propria tesi, il ricorrente richiama l’ordinanza n. 17766/2014 con cui la Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., in relazione all’art. 3 Cost., nella misura in cui non prevede che le apparecchiature che rilevano la violazione dei limiti di velocità debbano essere sottoposte a periodiche verifiche.

5) Con il secondo motivo, l’avv. B. deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2697 e 2698 c.c.art. 115 c.p.c., artt. 23 e 205 C.d.S. e difetto di motivazione circa la corretta distribuzione dell’onere della prova.

Secondo il ricorrente, il Giudice a quo si sarebbe limitato a considerare raggiunta la prova del superamento dei limiti di velocità, considerando superflua la prova che l’Amministrazione avrebbe, invece, dovuto fornire, della regolarità delle apparecchiature utilizzate. Avrebbe, conseguentemente, posto erroneamente a carico dell’opponente l’onere di “allegare e dare prova del difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico”.

In considerazione della connessione logica, i due motivi possono essere esaminati congiuntamente.

Il Collegio ritiene che le doglianze meritino accoglimento nei limiti di cui in motivazione.

Nè il codice della strada nè il relativo regolamento di esecuzione, nè la L. n. 273 del 1991 prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso.

Inconferente è, altresì, l’individuazione come parametro della violazione di legge della “normativa comunitaria (Norme UNI EN 30012 – parte 1 come integrate da UNI EN 10012), che (prevederebbe) il dovuto e relativo adeguamento del nostro ordinamento”, poichè va ribadito che “non è vincolante la normativa UNI EN 30012 (Sistema di Conferma Metrologica di Apparecchi per Misurazioni) che, in assenza di leggi o regolamenti di recepimento, rappresenta unicamente un insieme di regole di buona tecnica, impropriamente definite “norme”, alle quali, in assenza di obblighi giuridici, i costruttori decidono autonomamente di conformarsi” (Cass. 29333/2008).

5.1) I motivi vanno accolti invece alla luce dell’intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., comma 6, per contrasto con l’art. 3 Cost. della norma così come interpretata nel “diritto vivente”, con sent. n. 113/2015.

La Corte costituzionale ha rilevato come l’assenza di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura è suscettibile di pregiudicare l’affidabilità metrologica a prescindere dalle modalità di impiego delle apparecchiature destinate a rilevare la velocità. In particolare, la Consulta ha osservato che “quanto al canone di razionalità pratica, appare evidente che qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione. Si tratta di una tendenza disfunzionale naturale direttamente proporzionata all’elemento temporale. L’esonero da verifiche periodiche, o successive ad eventi di manutenzione, appare per i suddetti motivi intrinsecamente irragionevole. I fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l’affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale.

Un controllo di conformità alle prescrizioni tecniche ha senso solo se esteso all’intero arco temporale di utilizzazione degli strumenti di misura, poichè la finalità dello stesso è strettamente diretta a garantire che il funzionamento e la precisione nelle misurazioni siano contestuali al momento in cui la velocità viene rilevata, momento che potrebbe essere distanziato in modo significativo dalla data di omologazione e di taratura”.

Sotto il profilo della coerenza interna della norma, poi, la Corte Costituzionale ha evidenziato lo stretto legame che sussiste tra le disposizioni sull’uso delle apparecchiature di misurazione ed il valore probatorio delle loro risultanze nei procedimenti sanzionatori inerenti alle trasgressioni dei limiti di velocità. Ciò, prendendo le mosse dalla ratio del D.lgs. n. 285 del 1992, art. 142, comma 6, il quale prevede che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, (…) nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento”.

Detta soluzione normativa si giustifica per via del carattere irripetibile dell’accertamento, realizzando un bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale e quella delle posizioni soggettive dei cittadini e, in definitiva, tra interessi pubblici e posizioni giuridiche dei privati cittadini.

E’ vero infatti che la tutela di questi ultimi viene in qualche modo compressa per effetto della parziale inversione dell’onere della prova, dal momento che è il ricorrente contro l’applicazione della sanzione a dover eventualmente dimostrare – onere di difficile assolvimento a causa della irripetibilità dell’accertamento – il cattivo funzionamento dell’apparecchiatura. Tuttavia, detta limitazione trova una ragionevole spiegazione proprio nel carattere di affidabilità che l’omologazione e la taratura dell’autovelox conferiscono alle prestazioni di quest’ultimo.

In altri termini, il bilanciamento che si agita dietro l’art. 142 C.d.S. si concreta in una sorta di presunzione, fondata sull’affidabilità dell’omologazione e della taratura dell’autovelox, che consente di non ritenere pregiudicata oltre un limite ragionevole la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici. Proprio la verifica costante di tale affidabilità rappresenta il fattore di contemperamento tra la certezza dei rapporti giuridici e il diritto di difesa del sanzionato. Il ragionevole affidamento che deriva dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest’ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta incertezza quando queste ultime non vengono mai effettuate.

Alla luce di tale percorso giustificativo, la Consulta ha ritenuto, così, che, “il bilanciamento dei valori in gioco realizzato in modo non implausibile nel vigente art. 142 C.d.S., comma 6, trasmoda così nella irragionevolezza, nel momento in cui il diritto vivente formatosi sull’art. 45, comma 6, del medesimo codice consente alle amministrazioni preposte agli accertamenti di evitare ogni successiva taratura e verifica. Dunque, il D.lgs. n. 285 del 1992, art. 45, comma 6, – come interpretato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione – deve essere dichiarato incostituzionale in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura”.

Ne deriva che, nel caso di specie, la taratura dell’apparecchiatura risultava necessaria e che solo a condizione che vi sia espressa indicazione nel verbale dell’avvenuto adempimento il rilevamento può presumersi affidabile, con conseguente onere dell’opponente di contestare la cattiva fabbricazione, installazione e/o funzionamento del dispositivo. La causa va pertanto rinviata al giudice d’appello, il quale dovrà accertare se fossero state effettuate le verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.

6) Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 200 e 201 C.d.S., per mancata contestazione immediata della violazione e in relazione alla mancata redazione del verbale di accertamento a breve distanza dal fatto.

Sotto il primo profilo, parte ricorrente lamenta l’assenza di una congrua motivazione nel verbale di accertamento delle ragioni ostative alla contestazione immediata, richiamando le contestazioni e le eccezioni già sollevate in primo grado con il ricorso introduttivo. Critica la decisione resa in appello nella parte in cui ritiene configurata l’ipotesi derogatoria di cui all’art. 201 bis, lett. f) e D.L. n. 121 del 2002, art. 4, per la quale è ammessa la contestazione differita, in considerazione della presunzione legale operante per le strade extraurbane principali.

  • In merito al secondo aspetto, il ricorrente censura l’eccessiva distanza tra il momento in cui è accaduto il fatto, il 13.07.2005, e il momento di redazione del verbale, realizzata il 22.09.2005, asserendo che, nonostante il termine di 150 giorni fosse previsto per la notifica della contestazione, comunque un lasso di tempo superiore a due mesi sarebbe incongruo ed illegittimo.
  • Lamenta, ancora, l’illegittimità della sanzione in assenza dei cartelli volti alla segnalazione delle apparecchiature di rilevamento della velocità.

Il motivo di ricorso contempla censure eterogenee, alcune delle quali infondate e altre inammissibili. Si deve, pertanto, procedere ad un esame analitico di ciascuna doglianza in relazione alla lamentata violazione di legge.

La censura relativa alla mancata contestazione immediata va disattesa. Oltre ad essere prospettato in modo poco conforme al canone di specificità, il motivo è ictu oculi infondato nel merito.

Dal momento che la rilevazione è stata eseguita su strada extraurbana principale, come emerge dalla sentenza impugnata in richiamo al verbale di accertamento e senza che tale aspetto sia stato contestato dal ricorrente, il caso di specie, coerentemente con quanto assume il Tribunale, si inquadra nell’ipotesi derogatoria di cui all’art. 201, comma 1bis, e in particolare nell’ipotesi contemplata dalla lett. f).

Nel perimetro di tale disposizione sono confluite, infatti, a seguito delle modifiche intervenute con il D.L. n. 151 del 2003, convertito dalla L. 214 del 2003, le ipotesi per le quali, per espresso disposto normativo, non poteva ritenersi necessaria la contestazione immediata, fermo restando l’obbligo, in questi casi, per gli organi accertatori, di procedere comunque alla notificazione degli estremi della violazione nel termine di 150 giorni dall’accertamento. Termine, questo, sancito dalla norma applicabile ratione temporis al caso in esame, essendo in base al nuovo (ed attualmente vigente) testo dell’art. 201, comma 1 bis, come recentemente integrato dalla L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 36, comma 1, di 90 giorni.

In particolare la norma in questione dispone: “Fermo restando quanto indicato dal comma 1, nei seguenti casi la contestazione immediata non è necessaria e agli interessati sono notificati gli estremi della violazione nei termini di cui al comma 1: (…) f) accertamento effettuato con i dispositivi di cui al D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 agosto 2002, n. 168, e successive modificazioni”.

Deve, allora, trovare applicazione il D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4. La norma richiamata indica i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone. Situazioni, queste, ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali, come quella del caso di specie.

Per le violazioni compiute su strada extraurbana principale accertate con i dispositivi elettronici di cui al citato art. 4 e riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. f), perciò, non è necessaria la contestazione immediata e, sulla scorta del disposto del nuovo comma 1 ter del medesimo art. 201 (introdotto sempre per effetto del D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art. 4, conv. nella L. 1 agosto 2003, n. 214, ed integrato ad opera della L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 36), si evince che il legislatore non ha inteso imporre nemmeno l’osservanza dell’obbligo dell’esplicitazione dei relativi motivi, da ritenersi insiti – per presunzione di legge – nella natura stessa delle violazioni (Cass., n. 21264/2014; Cass., n. 23222/2013).

Peraltro, in relazione all’ipotesi contemplata nella lettera f) della disposizione in parola, rilevante per la qualifica del caso in esame, l’art. 201 bis C.d.S., comma 1 ter esclude finanche la necessità della “presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico”. Più precisamente il citato comma 1 ter, nel primo periodo, stabilisce: “nei casi diversi da quelli di cui al comma 1 bis nei quali non è avvenuta la contestazione immediata, il verbale notificato agli interessati deve contenere anche l’indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata”.

Da questa disposizione si desume che, solo al di fuori degli individuati casi, quando si procede a contestazione differita con la successiva notificazione degli estremi della violazione, permane l’indispensabilità dell’indicazione anche dei motivi che non hanno consentito di provvedere alla contestazione stessa in modo contestuale all’accertamento.

7) Parimenti infondata è la censura prospettata in relazione al tempo della redazione del verbale di contestazione. Conformemente a quanto ritenuto dal Tribunale di Ancona, invero, risulta sufficiente procedere, nei termini prescritti, alla notificazione degli estremi dell’infrazione in modo preciso e dettagliato e con l’indicazione dell’ipotesi tipica ricorrente e degli ulteriori elementi contenuti nell’art. 385 reg. esec., comma 1, (rimasto immutato). L’unico onere temporale incombente sulla P.A. a pena di nullità è quello di provvedere alla notificazione del verbale di accertamento e constatazione entro il termine perentorio menzionato. Al di là di tale prescrizione, però, nessuna norma impone di redigere il verbale entro un determinato arco temporale. Il pregiudizio della posizione giuridica lamentato dal ricorrente, pertanto, si rivela del tutto inconsistente allorchè siano rispettati i termini per la notifica, in quanto il legislatore ha ritenuto, nell’ambito del suo potere discrezionale, di individuare il limite entro cui è congruo il tempo in cui va notificato il verbale relativo all’infrazione stradale.

Inammissibile è, da ultimo, la censura relativa al mancato adempimento all’obbligo di previa segnalazione e cartellonamento. Già in sede di appello, il Tribunale aveva rilevato che “tale circostanza però non era mai stata prospettata in primo grado come motivo di opposizione ed è stata invece allegata per la prima volta nel presente procedimento”, con conseguente declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 345 c.p.c.. La censura, pertanto, non può essere riproposta in seno al ricorso per cassazione, trattandosi di questione preclusa, senza che sia stata impugnata la ratio decidendi relativa all’inammissibilità del motivo di appello.

7) Resta assorbita la decisione sull’istanza di la sospensione dell’ordinanza-ingiunzione.

Il Giudice di rinvio provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, al Tribunale di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta – 2 sezione civile, il 7 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2018

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